CIG COVID fino al 31 Dicembre 2021
Il DL fiscale consente la fruizione di trattamenti di integrazione salariale con causale emergenziale fino al 31 dicembre 2021
CIG COVID fino al 31 Dicembre 2021 – Si conferma ancora una volta al centro degli interventi normativi volti a limitare i danni economici derivanti dalla diffusione della pandemia da coronavirus, la possibilità di ricorrere ad ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro con causale COVID-19.
L’art. 11 del DL 146/2021 (DL “fiscale”), riconosce infatti la concessione, con riferimento al periodo compreso tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021, di ulteriori trattamenti di integrazione salariale ordinari e in deroga caratterizzati dalla predetta causale emergenziale.
In particolare, la norma in esame prevede la possibilità, in caso di sospensione dell’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, di fruire delle prestazioni di assegno ordinario (ASO) e CIG in deroga per i datori di lavoro di cui all’art. 8 comma 2 del DL 41/2021 (DL “Sostegni”), per una durata massima di 13 settimane, ovvero di cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO) per i datori di lavoro del settore tessile e dell’abbigliamento di cui all’art. 50-bis comma 2 del DL 25 maggio 2021 n. 73 (DL “Sostegni-bis”), per una durata massima di 9 settimane.
Sul punto si precisa che i predetti interventi di integrazione salariale sono richiedibili dai datori di lavoro per i lavoratori in forza al 22 ottobre 2021, data di entrata in vigore del DL 146/2021.
Anche in questo caso, la disposizione del DL “fiscale” consente la fruizione delle predette prestazioni senza dover effettuare alcun versamento del contributo addizionale, ordinariamente previsto dall’art. 5 del DLgs. 148/2015.
Invece, per i datori di lavoro che ricorrono ai predetti ammortizzatori sociali, trova applicazione il blocco dei licenziamenti economici (già più volte applicato nell’ambito della legislazione emergenziale), per la durata della fruizione del trattamento di integrazione salariale.
Un altro aspetto della disposizione contenuta nel DL 146/2021 riguarda alcuni requisiti di accesso collegati all’autorizzazione di periodi di integrazione salariale previsti da provvedimenti precedenti.
In particolare, il comma 3 dell’art. 11 in commento prevede che le 13 settimane di ASO e CIG in deroga vadano riconosciute ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il periodo di 28 settimane in precedenza previste dall’art. 8 comma 2 del DL 41/2021, decorso il periodo autorizzato, mentre le 9 settimane di CIGO siano riconosciute ai datori di lavoro settore tessile, decorso il periodo autorizzato ai sensi dell’art. 50-bis comma 2 del DL 73/2021.
Si può notare come nel caso della CIGO per il settore tessile, la norma del DL fiscale non richieda espressamente l’autorizzazione di tutte le 17 settimane previste dal DL 73/2021, e collocate nel periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 ottobre 2021.
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Nell’evidenza, si tratta di un accorgimento del legislatore per consentire la fruizione dell’ammortizzatore in questione anche alle aziende che nel predetto periodo compreso tra luglio e ottobre 2021 non hanno richiesto tutte le settimane previste dal DL “Sostegni-bis”.
Non risultano variazioni per le modalità di richiesta
Per quanto riguarda le modalità di richiesta dei trattamenti di integrazione salariale in questione, non risultano variazioni rispetto a quanto previsto dai precedenti provvedimenti collegati alla legislazione emergenziale.
In pratica, le istanze di accesso dovranno essere inoltrate all’INPS, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.
In fase di prima applicazione, il predetto termine di decadenza è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del DL 146/2021, avvenuta il 22 ottobre 2021.
Rimane altresì possibile richiedere il pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’INPS, ferma restando la possibilità di ricorrere all’anticipazione di cui all’art. 22-quater comma 4 del DL 18/2020, calcolato sul 40% delle ore autorizzate nell’intero periodo.
Nell’occasione il datore di lavoro è tenuto a inviare all’Istituto previdenziale tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, oppure, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione.
Sempre in sede di prima applicazione, l’art. 11 comma 5 del DL 146/2021 stabilisce che i termini di invio dei dati per il pagamento diretto siano spostati al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del DL 146/2021, avvenuta il 22 ottobre 2021.
Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.
Divieto di licenziamento – Per quanto concerne la disciplina del divieto di licenziamento, per le nuove settimane di ammortizzatori sociali, il legislatore ha optato per una vigenza mobile del divieto connessa con l’effettiva fruizione degli stessi.
Infatti, ai datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale (13 settimane per CIGD, ASO, E FIS e 9 settimane per CIGO relativa ai codici Ateco 13, 14 e 15) resta precluso l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, per la durata della fruizione del trattamento di integrazione salariale.
Ai medesimi soggetti resta, altresì, preclusa nel medesimo periodo, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
Infine, restano confermate le medesime eccezioni già introdotte dalla precedente normativa emergenziale.
Infatti, le sospensioni e le preclusioni non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo.
Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio
provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
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