Targhe senza multe

TARGHE SENZA MULTE

Secondo l’art. 132 del Codice della strada “Gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi immatricolati in uno Stato estero e che abbiano già adempiuto alle formalità doganali o a quelle di cui all’articolo 53, comma 2 del D.L. 30 agosto 1993 n. 331, se prescritte, sono ammessi a circolare in Italia per la durata massima di un anno, in base al certificato di immatricolazione dello Stato di origine.” Ciò comporta che, decorso tale periodo, i veicoli debbano essere reimmatricolati con targa italiana, pena una sanzione amministrativa il cui ammontare massimo supera di poco i 300 euro.

La ratio della norma risiede nella necessità di impedire che il permanere della condizione “estera” dei veicoli li sottragga indefinitamente al pagamento delle tasse previste per la loro proprietà quando essa appartenga ai residenti nel territorio nazionale, o delle multe per infrazioni del codice della strada.

La conoscenza di tale norma è talmente nota che si è trovato – ed in misura molto consistente – “l’inganno” per eluderla: stando a quanto indicato in un Report (il termine non è usato a caso!) apparso su una delle principali testate giornalistiche italiane, i numeri dei veicoli circolanti in Italia con targa straniera sono infatti davvero elevati.

L’interesse per la questione ha preso l’avvio da una, apparentemente modesta, pronuncia del Giudice di Pace di Pavullo nel Frignano, in provincia di Modena, emessa nei confronti di un automobilista comunitario, stabilmente residente in Italia, nei confronti del quale è stata confermata la sanzione inflitta dai Carabinieri per mancata reimmatricolazione di un’auto rumena (peraltro intestata alla madre) alla cui guida era stato trovato per tre volte nell’arco di dieci anni.
La sentenza (la n. 265 del 20 dicembre 2017) ha difatti stabilito che basta a far scattare la multa per mancata reimmatricolazione con targa italiana di un veicolo straniero l’aver rinvenuto un automobilista al suo volante, nel nostro Paese, per tre volte in un lasso di tempo superiore ai sei mesi.

Andando più a fondo, si è arrivati a constatare che il fenomeno di base – e cioè la circolazione in Italia con veicoli immatricolati in Paesi stranieri – è molto incidente poiché dettata proprio dalla necessità di sottrarsi ad una serie di “orpelli economici” (quali bollo, polizze assicurative e multe) a confronto dei quali il rischio del pagamento di una sanzione amministrativa di ben 335 Euro finisce comunque per rappresentare un risparmio, evidentemente!
Vero è che l’art. 132 del Codice della Strada, di recente, si è ulteriormente inasprito, sanzionando con il ritiro della carta di circolazione chiunque sia di residenza italiana e circoli con auto straniera, se non ha con sé la completa documentazione che attesti la regolarità della macchina; eppure nemmeno questo sembra essere un deterrente sufficiente, dal momento che le modalità che sono state elaborate per aggirare il divieto sono di per sé “formalmente” corrette.
Difatti, gli strumenti cui più frequentemente si ricorre per gabbare la previsione normativa e mantenere i “vantaggi” che ne conseguono sono: la stipula di un contratto di noleggio a lungo termine o di leasing con una società straniera oppure “di gestione”, una formula ibrida che consente di mantenere separate la proprietà del veicolo dalla sua gestione, così che, intestando solo quest’ultima ad una società estera, si può ottenere l’immatricolazione con targa straniera anche del veicolo acquistato dal cittadino residente in Italia.

Per soffermarsi, poi, sugli accennati “vantaggi” ottenibili avendo un’auto formalmente immatricolata nel registro automobilistico di un altro paese, notevole è il risparmio che ne consegue anche in termini di multe, pure in considerazione dell’autore del verbale: difatti, un verbale elevato dalla Polizia Stradale ha qualche margine di possibilità in più che arrivi all’estero agli omologhi uffici competenti e si riescano ad ottenere i dati dell’intestatario del veicolo, risultato che appare invece più difficile ottenere rispetto ai verbali elevati dalla Municipale. Inoltre, non essendo previste sanzioni in caso di mancato pagamento, è lasciata alla libera discrezionalità dello straniero la decisione di onorare la multa notificatagli. Stando ai numeri, infatti (e solo per fare alcuni esempi), a Milano, su 220 mila multe a targhe estere, 85.742 sono state quelle notificate e solo 39.823 quelle onorate; a Roma, il 74% delle multe straniere non è stato pagato.
I Paesi cui fanno in prevalenza capo le immatricolazioni straniere – rilevabili attraverso il numero delle multe elevate – sono la Romania (con 21.028 infrazioni), la Svizzera (con 9.222), la Francia (con 8.475) e la Bulgaria (con 7.775).

Un aspetto di questa vicenda che desta serie preoccupazioni tra le imprese assicuratrici è legato ai risarcimenti per incidenti stradali in cui siano coinvolte auto europee. Le relative procedure liquidative vengono attivate dall’UCI (Ufficio Centrale Italiano). Il problema è che i prezzi delle polizze straniere (nello specifico il riferimento è alla Romania) sono adeguati ai loro mercato nazionale e, di conseguenza, lo è anche l’ammontare della liquidazione del danno che, in rapporto a quella che è invece calcolata in Italia, risulta inadeguato. Ciò comporta che, poiché le auto rumene circolanti in Italia sono davvero molte, se per i troppi sinistri fallisse più di una compagnia bulgara, incapace di far fronte alle eccessive pretese risarcitorie, si innescherebbe una reazione che coinvolgerebbe il Fondo di garanzia italiano per le vittime della strada, che dovrebbe così far fronte all’incapienza del Fondo di garanzia rumeno. Il danno economico nazionale che ne consegue è di tutta evidenza.

Ma, al di là di questi possibili timori, ciò che davvero, nell’immediato, dovrebbe maggiormente preoccupare chi ricorre allo stratagemma dell’immatricolazione straniera per “risparmiare” sulle proprie spese, è il ben più elevato rischio di commettere un vero e proprio reato: truffa ai danni dello Stato, punito con la reclusione da uno a cinque anni e la multa da 309 a 1.549 euro.

Forse vale la pena di farsi davvero due conti.

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