Con il Ddl. di conversione del decreto “Sostegni-bis”, approvato ieri in prima lettura dalla Camera, il legislatore dell’emergenza è nuovamente intervenuto sulla disciplina dei contratti a termine, per allentare in via temporanea quella che è evidentemente avvertita come un’eccessiva rigidità dei vincoli introdotti dal DL 87/2018, noto anche come decreto Dignità, sui contratti a termine, percepiti come un ostacolo per l’occupazione, da rimuovere almeno in via temporanea in questo periodo in cui l’emergenza, prima sanitaria e poi economica, crea già sufficienti difficoltà alla creazione di nuovi posti di lavoro.

In particolare, la legge di conversione del DL 73/2021 modifica la disciplina dell’art. 19 del DLgs. 81/2015 in materia di contratti a tempo determinato, aggiungendo alle due causali già previste alle lettere a) e b) del comma 1 una nuova ipotesi, indicata inspiegabilmente alla lettera b-bis) invece che alla lettera c), secondo cui possono essere stipulati contratti a termine di durata superiore a dodici mesi, ma non eccedente i ventiquattro mesi, per “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51”. Spetterà quindi alla contrattazione collettiva e in particolare agli accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, purché stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero, per i contratti collettivi aziendali, dalle loro RSA o RSU, prevedere altre causali che legittimino una durata del contratto a termine compresa tra uno e due anni.

Dal momento poi che l’art. 21 dello stesso DLgs. 81/2015 prevede che per i rinnovi e per le proroghe con cui si superano i dodici mesi si debba fare riferimento alle condizioni previste dall’art. 19, le nuove causali introdotte dalla contrattazione collettiva varranno anche come legittime condizioni per rinnovare un contratto a termine o per prorogarlo oltre l’anno, fermo restando il limite massimo di durata di ventiquattro mesi.

L’allargamento delle causali demandato alle parti sociali ha però carattere temporaneo, perché modificando l’art. 19 del DLgs. 81/2015 la legge di conversione ha anche introdotto un comma 1.1, in forza del quale la possibilità di apporre un termine superiore a dodici mesi per specifiche esigenze previste dai contratti collettivi, ai sensi della lettera b-bis), vale solo fino al 30 settembre 2022 e quindi per poco più di un anno. Una circostanza che evidentemente limita di molto la portata della norma, tenuto conto che dopo la sua entrata in vigore trascorrerà comunque del tempo prima che possano essere sottoscritti accordi collettivi finalizzati a individuare nuove causali per i contratti a termine, per cui difficilmente a settembre del prossimo anno si potranno avere dati significativi sulla portata e l’utilità della modifica, che possano essere di ausilio per decidere se proseguire o meno con la deroga.

La strana formulazione della norma, che da un lato modifica il comma 1, introducendo una nuova lettera, e dall’altro limita poi con un comma 1.1 la portata nel tempo di tale nuova previsione, lascia inoltre aperto un dubbio interpretativo. Il comma 1.1, come detto, limita la possibilità di stipulare contratti di durata superiore a dodici mesi per le causali previste dai contratti collettivi solo fino al 30 settembre 2022, ma nulla dice sulle proroghe e i rinnovi. Di conseguenza, si potrebbe sostenere che le causali di cui alla lettera b-bis) del comma 1, se non varranno più dopo tale data per stipulare fin dall’origine contratti superiori a un anno, potranno invece continuare a legittimare rinnovi o proroghe oltre i dodici mesi in forza del rinvio previsto nell’art. 21 sopra illustrato, anche se tale soluzione appare scarsamente coerente, essendo difficilmente spiegabile perché il potere della contrattazione collettiva debba essere limitato nel tempo per quanto riguarda la durata iniziale del contratto collettivo, ma non per quanto riguarda le ipotesi di rinnovo e proroga.

Resta poi ferma, sempre in via provvisoria, ma in forza di una diversa disposizione emergenziale, la possibilità di un rinnovo o una proroga senza causale del contratto a termine per un massimo di dodici mesi, prevista dall’art. 93 del DL 34/2020, purché ciò avvenga entro e non oltre il 31 dicembre 2021.

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