La presunzione del lavoro subordinato

LA PRESUNZIONE DEL LAVORO SUBORDINATO

Quante volte è capitato di fare colloqui di lavoro ci si è visti proporre contratti di collaborazione o collaborazioni con partita IVA? E quante volte ci si è chiesti quale sia la strada più conveniente per una collaborazione ossia quella occasionale o quella con partita IVA?

Beh, diciamo che nella scelta occorre ben ponderare alcuni aspetti. Uno di questi è sicuramente quello fiscale (aprire una partita IVA impone la scelta del regime in cui operare ad esempio). Ma certamente una delle criticità da considerare, e che a volte sfugge, è quella legata alla presunzione di lavoro dipendente che il legislatore prevede in alcuni casi.

lavoro, esonero contributivo, tutele crescenti, assunzioniQuando si è considerati “dipendente” – Infatti, a partire dall’entrata in vigore del Decreto Legge Jobs Act n° 81/2015 è stato introdotto il nuovo regime in base al quale le collaborazioni di tipo parasubordinato (co.co.co. o co.co.pro.) o nella forma di titolare di partita IVA (lavoro autonomo) sono considerate come lavoro subordinato, dipendente, qualora siano “prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, ripetitive ed organizzate dal committente rispetto al luogo ed all’orario di lavoro”.

Inoltre, ai sensi del nuovo art. 69-bis del D. Lgs. n. 276/2003, le prestazioni lavorative rese da persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sono considerate, salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:

  • a) che la collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi;
  • b) che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, costituisca più dell’80 dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi;
  • c) che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

Esclusione della presunzione – Tuttavia, la presunzione di cui al citato art. 69-bis non opera con riferimento alle prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni. È il caso del commercialista (libero professionista) che segue la contabilità dell’azienda.

Inoltre, la presunzione non opera qualora la prestazione lavorativa presenti i seguenti requisiti: a) sia connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività’; b) sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233.

Attenti, dunque, alla scelta!

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