Proroga anticipata contratti a termine

 

 

 

 

 

 

 

 

Proroga anticipata contratti a termine

Manca oramai poco più di un mese al 31 ottobre, termine entro il quale è possibile prorogare i contratti a termine stipulati prima del 14 luglio 2018, continuando ad applicare la disciplina normativa precedente rispetto a quella del c.d. decreto “dignità”.
Questo perché, in sede di conversione del DL 87/2018, all’art. 1, comma 2 è stata introdotta una disposizione transitoria in forza della quale le nuove misure sul tempo determinato si applicano ai contratti stipulati dopo il 14 luglio, data di entrata in vigore del decreto, nonché ai rinnovi ed alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018.
Non ci sono evidentemente problemi ad applicare la disposizione transitoria sulle proroghe a quei contratti a termine in corso al 14 luglio 2018 e per i quali sia prevista una scadenza entro il 31 ottobre, che possono essere prorogati sulla base della precedente disciplina, proprio grazie alla disposizione transitoria.

Qualche dubbio si pone, invece, per i contratti in corso destinati a scadere dopo quella data, rispetto ai quali si potrebbe ipotizzare di anticipare la proroga rispetto alla scadenza, entro il 31 ottobre, così da beneficiare della disciplina transitoria, per ottenere una durata maggiore e senza i rischi collegati all’indicazione di una causale.
Infatti, sulla base delle originarie disposizioni del DLgs. 81/2015 era possibile prorogare il contratto a termine, per un massimo di cinque volte, senza necessità di specificare le ragioni della proroga, fino a raggiungere la durata massima di 36 mesi, mentre con le nuove disposizioni la proroga non può portare la durata del contratto oltre i 24 mesi ed è necessaria l’indicazione di una causale, se si superano i 12 mesi.

In linea generale, alle parti di un rapporto contrattuale di durata è senz’altro consentito convenire una proroga anche prima della naturale scadenza, differendola in anticipo rispetto allo spirare del termine originariamente previsto. Anche per quanto riguarda un contratto di lavoro a tempo determinato è sicuramente ipotizzabile che ragioni oggettive determinino un interesse delle parti a prorogare il contratto, anche se non è prossima la sua originaria scadenza.

Pensiamo ad esempio ad un lavoratore assunto a termine per l’esecuzione di un servizio oggetto di appalto, rispetto al quale il committente decida un ampliamento della durata inizialmente pattuita. In questo caso l’appaltatore avrà tutto l’interesse a stipulare da subito con il lavoratore una proroga del suo rapporto a termine, fino alla nuova scadenza dell’appalto, così da assicurarsi che l’esecuzione del servizio sia resa fino alla conclusione dell’appalto da un lavoratore già addestrato.

Se non ricorrono, però, circostanze oggettive che giustificano un’anticipazione della proroga del contratto a termine rispetto alla scadenza, procedere in anticipo, entro il 31 ottobre prossimo, non è esente da rischi.
Si potrebbe, infatti, sostenere che tale proroga sia disposta al solo scopo di eludere l’applicazione della nuova disciplina introdotta dal DL 87/2018, superando così quelle norme che limitano la durata e la possibilità di proroga del rapporto di lavoro a tempo determinato, per continuare ad applicare la precedente disciplina.

In caso di contenzioso potrebbe allora essere applicata la disposizione di cui all’art. 1344c.c. sul contratto in frode alla legge, secondo la quale è illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa.
Di conseguenza, la proroga sarebbe nulla ed il contratto di lavoro si trasformerebbe a tempo indeterminato, essendo proseguito oltre l’originaria scadenza, al di fuori dei limiti previsti dall’art. 22 del DLgs. 81/2015.

Prudenza soprattutto in assenza di ragioni oggettive

La giurisprudenza, infatti, ha già in passato utilizzato la norma generale sul contratto in frode alla legge per sanzionare un uso distorto di disposizioni in materia di lavoro, finalizzato ad eludere norme a tutela dei lavoratori.
Ad esempio, la Cassazione n. 15515/2009 in tema di lavoro interinale, in riferimento all’originaria disciplina contenuta nella L. 196/97, ha confermato una decisione di merito secondo la quale costituiva frode alla legge la sottoscrizione di una pluralità di contratti successivi, solo formalmente distinti, ma sostanzialmente continuativi, stipulati per fare fronte ad una medesima stabile esigenza aziendale.
Secondo la Corte, se è pur vero che la legge vietava solo la proroga del contratto per prestazioni temporanee oltre un certo limite, ma non la stipula di successivi contratti autonomi, non poteva essere eluso tale divieto attraverso una fattispecie complessa di sostanziale reiterata proroga di un unico originario contratto.

Una certa prudenza nell’anticipare la proroga di contratti a tempo determinato che non scadono entro il 31 ottobre è quindi d’obbligo, soprattutto se non vi siano ragioni oggettive che la giustifichino.

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