Tutele crescenti. Il focus dei CdL

Tutele crescenti. Il focus dei CdL

È cambiato il parametro di riferimento per il calcolo dell’indennità risarcitoria

L’indennità risarcitoria nei casi di licenziamenti individuali è inerente “all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto”; in precedenza, invece, si faceva riferimento “all’ultima retribuzione globale di fatto”. In particolare, dalla nuova formulazione emerge “una riduzione dell’importo dell’indennità risarcitoria da corrispondere al dipendente in caso di licenziamento illegittimo”, in quanto vengono escluse dal conteggio voci collegate a ragioni del tutto imprevedibili, accidentali e fortuite rispetto al normale svolgimento dell’attività lavorativa. Pertanto, la retribuzione da considerare è quella dell’ultimo anno, o frazione d’anno, dovuta (indipendentemente se corrisposta) al lavoratore, rapportata al mese.
Quindi, un licenziamento illegittimo effettuato il 31 dicembre 2015 porterebbe a individuare la retribuzione utile ai fini del TFR nel periodo “1° gennaio – 31 dicembre” dello stesso anno rapportata a mese (retribuzione annua diviso dodici).
Mentre un licenziamento effettuato il 31 marzo 2016 porterebbe a individuare il periodo di riferimento tra il “1° gennaio – 31 marzo 2016” rapportato anch’esso a mese (retribuzione del periodo diviso tre).A sottolinearlo è la Fondazione Studi CdL che in una corposa Circolare (n. 6/2015) analizza nel dettaglio la sostituzione del parametro di riferimento per il calcolo dell’indennità risarcitoria.

Campo di applicazione –
 Le tutele crescenti, come stabilito dall’art. 1 del D.Lgs. n. 22/2015, si applicano anche nei casi di conversione dei rapporti di lavoro a tempo determinato o di apprendistato in contratto di lavoro a tempo indeterminato, a partire dal 7 marzo 2015. La nuova disciplina si applica anche laddove la conversione sia una conseguenza di un regime sanzionatorio (art. 5, D.Lgs. n. 368/2001) a condizione che essa si collochi in un ambito temporale a decorrere dal 7 marzo 2015.

Licenziamenti discriminatori 
– Sul fronte dei licenziamenti discriminatori, i CdL evidenziano la volontà del Legislatore di voler tipizzare il più possibile le casistiche limitando così l’ambito di intervento del giudice. Si ricorda, infatti, che nella prima stesura del testo si faceva riferimento alla generica indicazione del termine “discriminatorio”, lasciando aperta la possibile inclusione anche di quelli individuati come tali ad esempio dal D.Lgs. n.198/2006, art. 26 c. 3 che sancisce: “sono considerate altresì discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un reclamo, o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne”.

Conciliazione facoltativa – Altro punto importante affrontato dai CdL riguarda la conciliazione facoltativa che il datore di lavoro può offrire al lavoratore per evitare di andare in giudizio. Tale meccanismo, in particolare, prevede la possibilità di offrire al lavoratore un importo esente da imposizione fiscale e contributiva pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità.
Successivamente, l’esito della conciliazione dovrà essere comunicato dal datore di lavoro entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto. In caso di omissione, il datore di lavoro è soggetto a una sanzione che va dai 100 ai 500 euro per lavoratore (50 – 250 euro per le agenzie del lavoro).
Quindi, è stata introdotta una doppia comunicazione, ossia: entro 5gg quella del licenziamento ed entro 65gg quella della avvenuta o meno conciliazione.
Sul punto, i CdL ritengono che le tempistiche potrebbero risultare incompatibili rispetto alle dinamiche di svolgimento della conciliazione. Infatti, l’art. 6, co. 1 del decreto stabilisce che “il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento”, ma questo non significa per i CdL che l’intero procedimento conciliativo si esaurisca entro i 60 giorni. Ciò in quanto, l’offerta conciliativa potrebbe essere regolarmente presentata nei termini, ma il lavoratore accetti la stessa in una o più riunioni successive in relazione anche alla complessità della conciliazione.

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