Sì al panino da casa nelle mense scolastiche

SÌ AL PANINO DA CASA NELLE MENSE SCOLASTICHE

IL CONSIGLIO DI STATO SANCISCE IL DIRITTO A CONSUMARE IL PANINO PORTATO DA CASA

Mentre fanno i conti con il caro-libri e l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto, i genitori dei bambini che frequentano la scuola materna ed elementare ottengono da parte del Consiglio di Stato una vittoria importante che, d’ora in avanti, costituirà precedente: i loro figli potranno, finalmente, consumare a scuola il panino portato da casa come sostituto del pasto servito dalla mensa scolastica.

La vicenda nasce dal malcontento di un gruppo di genitori generatosi a seguito di una decisione del comune di Benevento che rendeva obbligatorio il servizio di mensa scolastica e negava agli alunni di scuola materna ed elementare la possibilità di consumare alimenti non provenienti dalla ditta appaltatrice del servizio mensa. In sostanza agli alunni delle scuole del comune di Benevento era negato consumare anche il panino portato da casa.

A porre fine alla questione è intervenuta la sentenza n. 5156 del Consiglio di Stato pubblicata in data 3 settembre 2018.

In breve i fatti.

Il comune di Benevento sosteneva che: “il consumo di parti confezionati a domicilio o comunque acquistati autonomamente potrebbe rappresentare un comportamento non corretto dal punto di vista nutrizionale, oltre che una possibile fonte di rischio igienico sanitario”.

Così, sulla base di tali motivazioni, contro la decisione del giudice di primo grado, che sosteneva le ragioni dei genitori degli alunni, il comune aveva proposto appello al Consiglio di Stato.

Investito del merito, il Supremo Tribunale amministrativo ha ritenuto l’appello proposto dal comune, infondato dal momento che il regolamento che impone l’obbligatorietà della mensa scolastica è illegittimo. A giudizio del Consiglio di Stato: “la scelta restrittiva radicale del Comune limita una naturale facoltà dell’individuo – afferente alla sua libertà personale – e, se minore, della famiglia mediante i genitori, vale a dire la scelta alimentare, che è per sua natura e in principio libera, e si esplica vuoi all’interno delle mura domestiche vuoi al loro esterno”.

A parere del Consiglio di Stato, inoltre: “vi è, anzitutto, un’incompetenza assoluta del Comune, che con il regolamento impugnato impone prescrizioni ai dirigenti scolastici, limitando la loro autonomia”.

Inoltre, il regolamento introdotto dal comune, si legge sempre nella sentenza: “interferisce con la Circolare del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) 348 del 3 marzo 2017, rivolta ai direttori degli Uffici scolastici regionali, che (muovendo dal “riconoscimento giurisprudenziale” del diritto degli alunni di consumare il cibo portato da casa, e in attesa della pronuncia della Corte di cassazione innanzi alla quale sono pendenti alcuni ricorsi proposti dallo stesso MIUR avverso le pronunce dei giudici di merito) ha, nelle more, confermato la possibilità di consumare cibi portati da casa, dettando alcune regole igieniche ed invitando i dirigenti scolastici ad adottare una serie di conseguenziali cautele e precauzioni.

Da quanto espresso nella decisione del Consiglio di Stato, dunque, si ricava che il Comune ha limitato non solo la libertà dei genitori nella scelta del tipo di alimentazione per i propri figli ma anche la libertà decisionale dei dirigenti scolastici.

Questa sentenza, pertanto, riveste particolare importanza andando a rappresentare un precedente nazionale che potrà essere rivendicato ogni qualvolta si abbia a che fare con situazioni analoghe, ad esempio per un servizio mensa non soddisfacente o troppo oneroso.

Detrazione delle spese di istruzione

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