mother and son series

Le lavoratrici madri possono godere dell’astensione obbligatoria interamente dopo il parto. Questa la rilevante novità che dal 1° gennaio 2019 è stata introdotta in favore delle lavoratrici madri, con le modifiche dell’art. 16 del DLgs. 151/2001 da parte della L. 145/2018 (legge di bilancio 2019), con un impatto anche sul piano ispettivo.

Secondo il comma 1 dell’art. 16 citato è vietato adibire al lavoro le donne di norma durante i due mesi precedenti la data presunta del parto e durante i tre mesi successivi. Ove il parto avvenga oltre la data presunta naturalmente il divieto vige anche per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto. Diversamente, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, la lavoratrice vede estendersi il divieto di adibizione al lavoro per un arco temporale pari ai giorni non goduti prima del parto, che vanno ad aggiungersi al complessivo periodo di congedo di maternità dopo il parto.

Congedo di maternità nuove modalità di fruizione
Congedo di maternità tutele e novità  PDF 25.01.2019

Questa è la disciplina ordinaria alla quale già l’art. 20 dello stesso DLgs. 151/2001 aggiungeva una variante alla decorrenza del periodo di astensione obbligatorio, demandata alla volontà della lavoratrice stessa e a determinate condizioni.
Più in particolare, secondo l’art. 20, ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

In buona sostanza, viene introdotta una deroga al normale 2+3 mesi, previsto in via ordinaria dall’art. 16, stabilendo un’astensione obbligatoria distribuita in un diverso 1+4 mesi. Un’eventualità decisamente utile che, ove le condizioni di salute dalla lavoratrice madre lo permettano, consentono alla stessa di proseguire a lavorare e di avere un più lungo periodo di astensione obbligatoria da impiegare in una fase successiva assai delicata e impegnativa, come quella di accudimento della prole appena nata.

A tale ipotesi di deroga, l’art. 1 comma 485 della legge di bilancio 2019 ne ha aggiunta un’altra dal funzionamento assai simile, attraverso l’inserimento nell’art. 16 di un nuovo comma 1.1. Tale ultima disposizione, in modo del tutto speculare a quanto previsto dal citato art. 20, stabilisce che, in alternativa a quanto disposto dal comma 1 che, come visto, regola l’ordinario congedo obbligatorio nella modalità 2+3, è riconosciuta alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

Appare evidente, quindi, l’ulteriore estensione del congedo obbligatorio che, pertanto, potrà estendersi fino al quinto mese dopo il parto, permettendo alla lavoratrice, naturalmente solo a determinate condizioni, accertate dal punto di vista medico, di lavorare fino al nono mese di gravidanza.

A questo punto c’è da capire che tipo di conseguenze possano derivare sotto il profilo ispettivo, nell’ipotesi in cui, nel corso di un controllo in azienda, l’ispettore del lavoro accerti la presenza di una lavoratrice gestante, adibita ad attività lavorativa.
Non va, infatti, dimenticato che, secondo quanto previsto dall’art. 18 del DLgs. 151/2001, l’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 16 e 17 è punita con l’arresto fino a sei mesi.

Da provare le condizioni legittimanti le deroghe

A parere dello scrivente, lo svolgimento dell’attività lavorativa da parte della lavoratrice sarà ammissibile sino all’ottavo ovvero al nono mese di gravidanza unicamente nell’ipotesi in cui il datore, consapevole direttamente o indirettamente dello stato di gravidanza della stessa nonché dell’ordinario regime di legittima adibizione, previsto dall’art. 16 comma 1, secondo lo schema del 2+3, abbia avuto prova da parte della lavoratrice della sussistenza delle condizioni legittimanti le deroghe previste dall’art. 20 e, dal 1° gennaio 2019, anche dal nuovo comma 1.1 dell’art. 16.

In altre parole, dovrà sicuramente sussistere una certificazione medica rilasciata da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato o dal medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, che attesti che non vi siano rischi di pregiudizio alla salute della lavoratrice stessa e, naturalmente, del nascituro.

Indennità di Maternità come si calcola
Lavoratrice madre tutte le regole per dimissioni e licenziamento