Con l’informativa n. 32/2020 diffusa ieri, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha reso noto un novero di risposte fornite dall’INPS in materia di trattamenti di integrazione salariale, così come regolati per far fronte all’emergenza coronavirus.

Il riferimento è alla concessione della CIGO, dell’assegno ordinario e della CIG in deroga con causale “emergenza COVID-19” ai sensi degli artt. da 19 a 22 del DL 18/2020 (decreto “Cura Italia”).
La prima questione posta all’Istituto previdenziale da parte del CNDCEC riguarda la possibilità di richiedere il trattamento di CIGO senza dover compilare una domanda per ogni tipologia di contratto di lavoro a tempo parziale.

Sul punto, l’INPS chiarisce subito che le aziende con molteplici orari contrattuali per una unità produttiva possono inviare una sola domanda per tutti i beneficiari con l’orario medio settimanale, che si calcola dividendo le ore complessivamente lavorate in una settimana da tutti i lavoratori per il numero dei beneficiari. In ogni caso, trattandosi di orari di lavoro diversificati, è opportuno che l’azienda verifichi che il totale delle ore indicato nella domanda sia almeno pari al numero di ore necessario per le settimane richieste.

Una seconda questione di rilievo riguarda l’ipotesi in cui i trattamenti di integrazione salariale vengano prima richiesti per tutte le 9 settimane riconosciute dal DL 18/2020 e poi non fruiti del tutto.
In particolare, si chiede all’INPS se è possibile beneficiare di una proroga per le settimane residue, rimanendo sempre entro il termine di fruizione del 31 agosto 2020.

Per quanto concerne la CIGO, l’INPS ricorda che gli appositi decreti di concessione possono autorizzare fino a 9 settimane, le quali vanno computate considerando le singole giornate di sospensione del lavoro e non quelle di calendario, considerando usufruita una settimana solo quando la contrazione del lavoro abbia interessato 6 giorni, o 5 in caso di settimana corta (è sufficiente che un solo lavoratore sia sospeso perché si consideri fruita una giornata).

Per quanto riguarda la CIG in deroga, l’INPS richiama quanto già indicato nella circ. n. 47/2020 laddove è stato chiarito che le Regioni, previa verifica della parziale fruizione del periodo concedibile, possono concedere alle aziende il periodo residuo, sempre nel rispetto del limite delle 9 settimane di concessione.
Ancora, un’altra questione riguarda la compilazione dell’apposito file CSV che l’azienda deve presentare per accedere al trattamento di integrazione salariale.

Sul punto, si osserva che in tale format devono essere indicati dati di natura personale riferiti ai lavoratori interessati (e-mail, numero di telefono, numero di ferie residue, eccetera), che possono essere di difficile reperimento vista la chiusura di molte aziende dovuta alla situazione emergenziale.

Entrando nel merito, l’INPS risponde che, data la situazione di emergenza, è stato predisposto un tracciato dati “CSV” ove è possibile inserire “0” in tutti i campi ferie, mentre qualora non siano disponibili i dati dei lavoratori è possibile inserire i dati dell’azienda o del consulente.

Un’ulteriore questione riguarda i requisiti dimensionali richiesti per accedere all’assegno erogato dal FIS, previsto per i datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti. In particolare, si chiede se nel caso di un’attività stagionale, con una decina di dipendenti, che rimane aperta solo da maggio a settembre e per la quale da ottobre a aprile dell’anno successivo viene sospesa la matricola INPS, sia corretto calcolare la media del semestre precedente, compresi i periodi si sosta, oppure si debba considerare il termine della sospensione come un nuovo inizio dell’attività, per il quale il requisito si determina in relazione ai mesi di attività, se inferiori al semestre. Per l’INPS, la riattivazione di una posizione dopo un periodo di sospensione non è equiparabile ad un inizio attività e per determinare la media occupazionale devono essere ricompresi nel semestre anche i periodi di sosta di attività.

L’ultima questione riguarda una presunta incongruenza tra quanto affermato dall’INPS nella circ. n. 47/2020, laddove si chiarisce che il datore che richiede il pagamento diretto dell’INPS non è tenuto a produrre alcuna documentazione comprovante le difficoltà finanziarie, e quanto verificato da molti professionisti che, in calce alla domanda di CIGO “Emergenza Covid-19 nazionale”, hanno rilevato una dicitura secondo cui il pagamento diretto verrà riconosciuto previa valutazione della predetta documentazione.

Nel merito, l’INPS conferma che non vi è obbligo di produrre documentazione comprovante le difficoltà economiche dell’azienda e che, pertanto, la predetta dicitura non è da prendere in considerazione.

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