Dichiarativi scattano tardività ed integrative

Dichiarativi scattano tardività ed integrative

31-10-2018 – Ultimo giorno per l’invio dei modelli dichiarativi riferiti all’anno d’imposta 2017. Stiamo parlando del Modello Redditi PF/2018, Redditi SP/2018, Redditi SC/2018; ENC/2018; Modello IRAP/2018 e Modello 770/2018. Discorso diverso, invece, per il Modello IVA/2018 che andava inviato entro il 30 aprile scorso. Il termine vale anche per gli eredi che presentano la dichiarazione del de cuius deceduto nel 2017 ed entro il mese di febbraio 2018 (se il de cuius è deceduto successivamente, il termine è, invece, prorogato di 6 mesi). Ultimo giorno anche per l’invio delle CU/2018 non necessarie alla predisposizione della dichiarazione dei redditi precompilata (leggi anche Scade oggi il termine per la presentazione del 770).



Dichiarazione tardiva
Chi salta la scadenza odierna senza inviare il modello dichiarativo, potrà ovviare inviando il modello “tardivo”, prima che scatti l’omessa dichiarazione. Il legislatore infatti, considera tardiva (e “regolare”) la dichiarazione non inviata entro oggi ma nei primi 90 giorni e, quindi, entro il 29 gennaio del prossimo anno. Ciò comporterà la necessità di versare la sanzione fissa di 250 euro (primo periodo art. 1 comma 1 D.Lgs. 471/1997) riducibile ad 1/10 a titolo di ravvedimento (comma 1 lett. c art. 13 D.Lgs. 472/1997). La sanzione sarà, dunque, pari a 25 euro e si renderà applicabile per ciascuna dichiarazione tardiva. Quindi, se ad esempio, il contribuente non invia entro oggi il Modello Redditi PF/2018 e il Modello IRAP/2018, potrà sanare l’omissione inviando i due modelli entro il 29/01/2019 e versare entro lo stesso termine la sanzione di 50 euro (codice tributo “8911” ed anno di riferimento “2018”). Qualora dalla dichiarazione “tardiva” dovesse scaturire anche un debito d’imposta non versato a suo tempo (ossia alle scadenze ordinarie del 2 luglio o 31 luglio), oltre a versare la sanzione per la tardività, occorre versare anche il tributo (con possibilità di applicazione del ravvedimento nelle sue diverse forme); cosi come qualora dalla dichiarazione tardiva dovesse scaturire un credito d’imposta, questi può essere chiesto a rimborso o utilizzato in compensazione.

Trascorso il 29/01/2019 senza che il contribuente abbia inviato il modello tardivo, allora la dichiarazione sarà considerata omessa è scatteranno le sanzioni piene di cui all’art. 1, comma 1, D.lgs. n. 471 del 1997, vale a dire dal 120% al 240% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 250. Se non sono dovute imposte, si applica, invece, la sanzione da euro 250 a euro 1.000. Tuttavia, se la dichiarazione omessa è presentata dal contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza, le citate sanzioni sono dimezzate (si applica, quindi, la sanzione amministrativa dal 60% al 120% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 200. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da euro 150 a euro 500).

Le sanzioni applicabili quando non sono dovute imposte possono essere aumentate fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.

Una volta “omessa” la dichiarazione (ossia una volta che il contribuente ha lasciato passare anche il 29/01/2019 senza presentarla), l’omissione non sarà ravvedibile, il che sta a significare che il contribuente dovrà solo attendere l’irrogazione della sanzione piena da parte dell’Agenzia delle Entrate. È conveniente, comunque, presentare la dichiarazione entro il 31/10/2019, poiché in questo caso la sanzione irrogabile sarà più tenue (può sanare, con ravvedimento, le eventuali imposte che scaturiscono dalla dichiarazione omessa e non versate a suo tempo nei termini ordinari.).

Sulla base di quanto anzidetto, ne deriva anche che se il contribuente abbia, ad esempio, omesso il Modello Redditi PF/2017 (anno 2016), oggi è anche l’ultimo giorno per inviarlo prima scatti la sanzione più salata.

La correzione della dichiarazione
Qualora il contribuente, dopo aver inviato entro i termini previsti la dichiarazione, dovesse accorgersi di aver commesso degli errori o delle omissioni, può rimediare presentando una “correttiva nei termini” oppure una “integrativa”. La prima delle due contempla, ad esempio, l’ipotesi di un contribuente che ha inviato il Modello Redditi PF/2018 in data 15 ottobre 2018 e che il 29 ottobre si è accorto di aver omesso l’indicazione di un reddito. In tal caso, questi può presentare entro oggi un nuovo modello “corretto”. In questa ipotesi per la correzione non scatterà alcuna sanzione ma il contribuente dovrà provvedere a versare l’eventuale maggiore imposta con applicazione del ravvedimento (decorrenza 2 luglio) sulla sanzione prevista per l’omesso versamento. Stessa cosa dicasi nel caso in cui il contribuente si fosse accorto, ad esempio, di aver omesso l’indicazione di oneri deducibili/detraibili: in tal caso potrebbe presentare entro oggi un modello correttivo e chiedere a rimborso o in compensazione il maggior credito d’imposta o la differenza con il minor debito.

Nel caso in cui, invece, non si dovesse presentare la correttiva nei termini, si apre la strada della dichiarazione integrativa, la quale potrà essere presentata entro il 31 dicembre del 5° anno successivo quello di presentazione del modello che si va a correggere. Quindi, con riferimento, ad esempio, al Modello Redditi/2018, l’integrativa (sia a favore sia a sfavore) la si potrà presentare entro il 31 dicembre 2023 (stessa cosa dicasi per gli altri dichiarativi aventi ad oggetto l’anno d’imposta 2017). In merito all’aspetto sanzionatorio, se trattasi di integrativa a favore del contribuente (dalla correzione deriva un minor debito d’imposta o un maggior credito), non scatterà alcuna sanzione poiché nessun danno ne deriva per l’erario (si potrà chiedere a rimborso o in compensazione il maggior credito o minor debito); se, invece, trattasi di integrativa a sfavore (per il contribuente ne deriva un maggior debito o minor credito), le sanzioni applicabili variano a seconda della tipologia di errori che si vanno a correggere (rilevabili e non rilevabili) e dal tempo entri cui si presenta l’integrativa (nei primi 90 giorni o oltre il citato termine) – Circolare n. 42/E/2016.

In particolare, se trattasi di errori NON rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale (omessa o errata indicazione di redditi; errata determinazione dei redditi; indicazione di indebite detrazioni d’imposta o di deduzioni dall’imponibile) e l’integrativa è presentata entro i primi 90 giorni (quindi, entro il 29/01/2019) il contribuente dovrà versare la sanzione amministrativa di 250 euro ridotta ad 1/9 a titolo di ravvedimento e in più dovrà provvedere all’eventuale versamento della maggiore imposta (sanzione 30%) ricorrendo al ravvedimento operoso. Se, invece, presentata oltre i 90 giorni, si applicherà la sola sanzione (prevista per l’infedeltà dichiarativa) compresa tra il 90% e il 120% della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato (anche in tal caso ravvedibile).

Se si tratta di correggere errori rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale (errori materiali e di calcolo nella determinazione degli imponibili e/o delle imposte; indicazione in misura superiore a quella spettante di oneri deducibili o detraibili (ad esempio, spese mediche o contributi previdenziali; ritenute d’acconto e/o crediti d’imposta) si applicherà solo la sanzione del 30% prevista per l’omesso versamento di cui all’articolo 13 del D.lgs. n. 471 del 1997 (sanzione, comunque, ravvedibile).

Se poi si tratta di ovviare ad una violazione solo “formale” (ad esempio si è omessa la comunicazione di una opzione che andava fatta in dichiarazione), si applicherà la sanzione di 250 euro (art.8 del D.Lgs 471/1997), cui applicare la riduzione sanzionatoria a titolo di ravvedimento.

La conservazione elettronica 
La data di oggi è importante anche ai fini della corretta individuazione del termine entro cui eseguire la conservazione elettronica dei documenti fiscali. Nella Risoluzione n. 46/E/2017, è stato chiarito che la conservazione dei documenti informatici, ai fini della rilevanza fiscale, deve essere eseguita entro il terzo mese successivo al termine di presentazione delle dichiarazioni annuali, da intendersi, in un ottica di semplificazione e uniformità del sistema, con il termine di presentazione delle dichiarazioni dei redditi. Dunque, il termine di riferimento per procedere alla conservazione di tutti i documenti informatici coincide con il termine per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi e tale termine valido anche per i documenti rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. Ne consegue che un contribuente con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare concluderà il processo di conservazione di tutti i documenti rilevanti ai fini fiscali (documenti IVA e altri documenti) e riferiti all’anno 2017 al più tardi entro tre mesi dal termine ordinario di presentazione del Modello Redditi/2018 (anno d’imposta 2017). Tale processo di conservazione dovrà concludersi, dunque, entro il 31/01/2019.

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