Contratti a tempo determinato assunzioni per picchi stagionali addio

Contratti a tempo determinato assunzioni per picchi stagionali addio

Il periodo di Natale coincide spesso con la necessità degli imprenditori di assumere personale per brevi periodi, in coincidenza con le festività, dove si rilevano, in genere, importanti picchi della produzione.

Fino all’entrata in vigore del decreto dignità di cui al Dl. 87/2018 convertito in legge n. 96/2018, i datori di lavoro avevano la possibilità di proporre assunzioni brevi, magari, in favore di soggetti già conosciuti e impiegati precedentemente presso l’azienda, che non necessitavano quindi di particolare formazione e si rivelavano ottimamente idonei alle necessità del periodo.

La normativa relativa ai contratti a tempo determinato, contenuta negli articoli dal 19 al 29 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, è stata, in parte, modificata dal Dl. 12 luglio 2018, n. 87, entrato in vigore il 14 luglio 2018, e, convertito dalla legge n.96, il 9 agosto 2018.

Causali del decreto dignità obblighi e difficoltà

Contratti a tempo determinato in corso cosa cambia con il Decreto Dignità

Rispetto alla precedente formulazione è stato stabilito che:

  • il rapporto a termine può essere attivato, dal 14 luglio 2018, senza alcuna causale per un periodo non superiore a 12 mesi, e, non più trentasei;
  • è possibile rinnovare il contratto a termine, oltre il limite dei 12 mesi, a condizione che si possano giustificare:
    • esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro o sostitutive;
    • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
  • il termine ultimo del contratto a termine non potrà superare i 24 mesi.

Queste modifiche, non certo di poco conto, hanno fatto sì che per il periodo natalizio, così come per altri periodi interessati dall’aumento della produttività, non riconducibili ad una delle possibili causali pensate dal legislatore, non si possa più contare su risorse conosciute dalle imprese, magari studenti che in occasione della pausa dalle attività scolastiche si riproponevano ad aziende presso cui avevano già lavorato in precedenza. Tali condizioni, ci auguriamo oggetto di nuovo intervento normativo, hanno portato gli imprenditori a puntare su nuove leve e ad impiegare probabilmente, gran parte del tempo alla loro formazione, non potendo contare su una risorsa, che, per quanto non stabilmente impiegata all’interno della popolazione aziendale, ne conosceva già tutti i meccanismi.

Queste difficoltà si accentuano ancora di più nei casi in cui un datore di lavoro ha necessità di impiegare una risorsa per periodi più lunghi, che superano i 12 mesi, ma non ancora tali da consentirgli di determinare la fattibilità di un’assunzione stabile. In queste circostanze, stante alle nuove disposizioni, è necessario optare per un’assunzione a tempo indeterminato ed andare incontro, nei casi in cui non vi fossero più le condizioni economiche e produttive iniziali, ad operare un licenziamento, con l’aggravio del pagamento del ticket per il finanziamento della Naspi.

Decreto dignità cosa cambia per contratti a termine, somministrazione e licenziamenti

Contributo addizionale Naspi 2018 quanto aumenta con il Decreto Dignità?

Il contributo (ticket) di licenziamento è stato introdotto dalla cd. Riforma Fornero, di cui all’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92, che aveva disposto inizialmente il versamento di un contributo pari al 50 per cento del trattamento mensile iniziale di Aspi (ora Naspi) per tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ad eccezione delle dimissioni o risoluzioni consensuali di rapporto di lavoro, a decorrere dal 1° gennaio 2013. L’art. 1 al comma 250 della legge n. 228/2012, riformulava il comma 31 dell’articolo 2 della legge 92/2012 e rideterminava la percentuale prevista al 41 per cento del massimale mensile di Aspi (ora Naspi).

La normativa attuale, in vigore per tutti i casi di interruzione di rapporto di lavoro, in cui, a prescindere dal requisito soggettivo, si avrebbe diritto alla Naspi, prevede un contributo a carico del datore di lavoro pari al 41 per cento del massimale mensile di Naspi.

Considerato che per l’anno 2018 il massimale mensile della Naspi è di 1.208,15 euro, l’ammontare del contributo di licenziamento a carico del datore di lavoro, utile a finanziare l’indennità di disoccupazione si attesta sulla cifra di € 495,34 per ogni annualità, (41% di 1.208,15 euro), fino ad un massimo di € 1.486,02 per i lavoratori con anzianità pari o superiore a 36 mesi.

La legge di Bilancio 2018, n. 205/2017, all’ art. 1 comma 137 è intervenuta sulla percentuale del ticket di licenziamento, disponendo che, a decorrere dallo scorso 1° gennaio 2018, i datori di lavoro che operano licenziamenti collettivi durante la cassa integrazione guadagni straordinaria, e, pertanto soggetti al contributo di integrazione salariale straordinario ai sensi del D.Lgs. n. 148 del 2015, articolo 23, fatto salvo per alcune eccezioni previste dalla norma, sono tenuti a versare un’aliquota percentuale pari all’82 per cento calcolato sul massimale Naspi, passando dal tetto precedente di € 1.486,02 a quello attuale di € 2.972,05, così calcolato:

  • 82% di 1208,15 (massimale mensile Naspi) = 990,68 x 3 annualità = 2972,05 euro.

In caso di mancanza di un accordo sindacale, l’importo dovuto per i licenziamenti collettivi va moltiplicato per tre; quindi, in questi casi, l’importo massimo dovuto per ciascun lavoratore è pari a 8.916,15 euro. 

Contratti a termine senza eccezioni 1 novembre 2018

Lavoro a tempo determinato 2018 più breve e con causale obbligatoria

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