CIG in deroga oltre 9 settimane
Richiesta all’INPS per la CIG in deroga successiva alle 9 settimane
CIG in deroga oltre 9 settimane
Accanto alla revisione dei trattamenti di CIG COVID-19 il decreto «Rilancio» prevede anche una nuova misura a sostegno dei livelli occupazionali
CIG in deroga oltre 9 settimane – Tra le disposizioni più attese del DL 34/2020 (decreto “Rilancio”), assumono particolare rilevanza gli interventi in materia di trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19, che incidono con robuste modifiche sulla disciplina della CIGO, assegno ordinario e CIG in deroga definita dagli artt. da 19 a 22 del DL 18/2020. Si segnala, inoltre la previsione di aiuti di Stato consistenti in sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti, al fine evitare i licenziamenti durante il periodo di emergenza COVID-19.
La prima modifica di rilievo consiste nell’estensione della durata dei trattamenti di CIG ordinari e in deroga. In pratica, il decreto “Rilancio” stabilisce (artt. 68 e 70), in favore dei datori di lavoro che nell’anno 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza COVID-19, non solo la concessione delle 9 settimane di integrazione salariale già previste dal DL 18/2020, bensì ulteriori 9 settimane, fruibili dopo aver interamente utilizzato le prime. Di queste nuove 9 settimane, una prima parte, pari 5 settimane, potrà essere utilizzata entro il 31 agosto 2020, mentre le residue 4 settimane potranno coprire sospensioni o riduzioni di orario verificatesi tra il 1° settembre e il 31 ottobre 2020.
Sul punto, si segnala l’introduzione – tramite un’espressa previsione di cui all’art. 71 del decreto “Rilancio” – del nuovo art. 22-quater nel DL 18/2020, con cui vengono disciplinate le modalità di richiesta all’INPS (e non alle Regioni) di concessione del trattamento di CIG in deroga per i periodi successivi alle prime 9 settimane, nonché nuove procedure di richiesta del pagamento diretto dei trattamenti, valido anche per quelli ordinari, così come previsto dal nuovo art. 22-quinquies del DL 18/2020.
Altre disposizioni del decreto “Rilancio” riducono invece i termini di presentazione delle domande di accesso al trattamento di CIGO di cui all’art. 19 del DL 18/2020, passando da 4 mesi ad un solo mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.
Sotto un aspetto meramente procedurale, si assiste poi alla reintroduzione – dopo la rimozione in sede di conversione in legge del DL 18/2020 – dell’obbligo di informazione, consultazione sindacale e esame congiunto svolti anche in via telematica, per accedere alla CIGO (art. 19 del DL 18/2020). Per quanto concerne la CIG in deroga di cui all’art. 22 del DL 18/2020, si dispone invece la riduzione del novero dei datori di lavoro esonerati dall’obbligo di accordo sindacale, non comprendendo più coloro che hanno chiuso l’attività in ottemperanza ai provvedimenti emanati per far fronte all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Tale esonero risulta pertanto confermato solo per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti.
Ancora, un’integrazione all’art. 19 del DL 18/2020 stabilisce che il trattamento di cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA), richiesto per eventi riconducibili all’emergenza COVID-19, sia riconosciuto in deroga ai limiti di fruizione riferiti al singolo lavoratore e al numero di giornate lavorative da svolgere presso la stessa azienda di cui all’art. 8 della L. 457/72. Il trattamento di CISOA può essere concesso per un periodo massimo di 90 giorni, dal 23 febbraio al 31 ottobre 2020 e comunque con termine del periodo entro il 31 dicembre 2020. Tale periodo di CISOA è “neutralizzato” ai fini delle successive richieste.
Accanto ai predetti ammortizzatori sociali, il decreto “Rilancio” (art. 60) introduce anche una particolare misura a sostegno dei livelli occupazionali, che attribuisce alle Regioni, Provincie autonome, altri enti territoriali e Camere di commercio la possibilità di concedere aiuti di Stato sotto forma di sovvenzioni per contribuire al pagamento dei salari dei dipendenti, al fine di evitare i licenziamenti durante il periodo di emergenza COVID-19.
Nel dettaglio, si tratterebbe degli aiuti che conferiscono alle imprese un vantaggio “selettivo” in quanto diretti a determinati settori, regioni o tipi di imprese. In tal caso, devono soddisfare le condizioni di cui alla “Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final”.
La sovvenzione viene concessa per un periodo non superiore a 12 mesi per un ammontare non superiore all’80% della retribuzione mensile lorda del personale beneficiario, il quale continua a svolgere l’attività lavorativa durante tutto il periodo per il quale è concesso l’aiuto.
Infine, la sovvenzione in questione potrebbe essere combinata con altre misure di sostegno all’occupazione generalmente disponibili o selettive, purché il sostegno combinato non comporti una sovracompensazione dei costi salariali relativi al personale interessato. In ogni caso, gli aiuti in argomento non potrebbero in alcun caso consistere in trattamenti di integrazione salariale di cui al DLgs. 148/2015 e al DL 18/2020.
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Buongiorno,
avrei un quesito in merito alla mancata aperura della CIG per un dipendete che ha dato le dimissioni.
A marzo mi sono dimesso dall’azienda in cui lavoravo (ultimo giorno di lavoro 31 marzo) e mi era stato detto e scritto dall’azienda che mi sarebbe spettata la CIG dal 23/3 al 31/3.
Non essendomi arrivato il rimborso della CIG dall’INPS, ho contattato l’ufficio HR di quell’azienda, il quale mi ha comunicato che mi avevano escluso dalla lista dei lavoratori che avrebbero usufruito della CIG.
Hanno preso questa decisione perché il rapporto di lavoro si sarebbe esaurito nel giro di una settimana e per evitare di dover cambiare l’elenco dei lavoratori coinvolti nelle richieste di autorizzazione successive.
Gentilmente mi potreste dare la vostra opinione su quanto accaduto?
Può un azienda decidere di non inserire un dipendente dalla lista dei lavoratori che hanno diritto alla CIG, senza oltretutto comunicargli questa decisione?
Grazie dell’aiuto
Buongiorno,
grazie per la domanda e per aver visitato il blog, ma andiamo subito al dunque.
Innanzitutto bisogna capire se il periodo 23/3 – 31/3 le è stato retribuito o meno e se in questo periodo lei ha lavorato effettivamente o se ha usufruito di ferie e/o permessi.
Queste premesse sono importanti per dare una risposta completa ed esauriente e poter valutare l’operato del datore di lavoro.
Detto questo, nella pratica è frequente che in casi simili al suo si tenda ad agire in questo modo al fine di evitare di dover cambiare l’elenco dei lavoratori coinvolti nelle richieste di autorizzazione successive dato che
il processo di richiesta CIG è lungo e difficoltoso. Comunque sia in linea generale l’azienda, senza ledere alcun diritto al lavoratore, può decidere chi collocare in cassa e chi meno e all’interno della lista dei lavoratori in cassa decidere anche tempistiche diverse. Si rammenta che lo strumento della cassa integrazione, alla fine dei conti, non è un diritto del lavoratore in senso stretto quanto più uno strumento dato alle aziende come ultima istanza al fine di evitare riduzioni del personale.
spero le sia stato di aiuto, se volesse in seguito precisare la posizione del periodo oggetto della disamina non eviti a scrivere.
cordiali saluti