Amministratore e dipendente di società – sì è compatibile

Amministratore e dipendente di società, l’INPS cambia idea: sì alla compatibilità

Amministratore e dipendente della stessa società: cambia l’orientamento dell’INPS che, con il messaggio n. 3359 del 17 settembre 2019, apre alla compatibilità dei due ruoli in SRL, SPA e in genere società di capitali, nel rispetto di specifici requisiti.

Amministratore e dipendente di societàSì al doppio ruolo di amministratore e dipendente della stessa società, a patto di rispettare specifici requisiti.

L’INPS, con il messaggio n. 3359 del 17 settembre 2019 cambia orientamento e apre al doppio ruolo per chi ricopre cariche sociali in SRL e SPA e ne è contemporaneamente lavoratore dipendente.

La novità si è resa necessaria a seguito dell’orientamento sviluppatosi in ambito giurisprudenziale, che ha negli anni consentito agli amministratori di SRL di assumere anche la qualifica di lavoratore dipendente.

Aperture che hanno avuto conseguenze dirette in ambito previdenziale ed assistenziale e che l’INPS ha dovuto chiarire per assicurare l’uniformità di comportamento da parte dei soggetti coinvolti.

Il messaggio INPS del 17 settembre 2019 specifica però che il doppio ruolo di amministratore e dipendente di società è compatibile soltanto qualora vengano rispettati determinati requisiti.

Amministratore e dipendente di società: l’INPS ammette la compatibilità

Con il messaggio n. 3359 del 17 settembre 2019 l’INPS riconosce la compatibilità tra cariche sociali ed instaurazione presso la medesima società di un rapporto di lavoro dipendente da parte dello stesso soggetto.

L’amministratore di una SRL o di una SPA potrà quindi legittimamente instaurare anche un rapporto di lavoro subordinato con la stessa società, nel rispetto dei requisiti esplicitati dall’INPS nel messaggio in oggetto.

Prima di analizzarli, è bene sottolineare l’importanza del cambio di orientamento dell’INPS rispetto a quanto indicato nella circolare n. 179 dell’8 agosto 1989, nella quale era stato escluso che:

per i “presidenti, gli amministratori unici ed i consiglieri delegati” potesse essere riconosciuto un rapporto di lavoro subordinato valido con la medesima società.

Nel 2011, a seguito dell’interpretazione di segno opposto della Cassazione, l’INPS aveva dato segnali di una prima timida apertura, ammettendo che in alcuni casi fosse possibile essere presidente e dipendente di una cooperativa.

Sono stati necessari 20 anni per far cambiare opinione all’INPS, e sono state necessarie diverse pronunce della giurisprudenza di merito per ritenere infondata l’incompatibilità assoluta tra cariche sociali, come quelle di amministratore unico di una SRL, ed il parallelo instaurarsi di un rapporto di lavoro subordinato.

Ora la compatibilità delle cariche assume natura più ampia e, nel messaggio n. 3359 – riprendendo alcune delle sentenze più di rilievo della Corte di Cassazione, l’INPS spiega quando l’amministratore di una società può assumere anche la qualifica di lavoratore dipendente della stessa.

Amministratore e dipendente di SRL o SPA: quando i due ruoli sono compatibili

È già a partire dagli anni ’90 che la Cassazione afferma che:

“L’incarico per lo svolgimento di un’attività gestoria, come quella dell’amministratore, in una società di capitali non esclude astrattamente la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato (fatte salve alcune eccezioni).”

Come affermato da due diverse sentenze della Cassazione (Cass., Sez. Un., n. 10680/1994 e Cass. n. 1793/1996):

“né il contratto di società, né l’esistenza del rapporto organico che lega l’amministratore alla società, valgono ad escludere la configurabilità di un rapporto obbligatorio tra amministratori e società, avente ad oggetto, da un lato la prestazione di lavoro e, dall’altro lato la corresponsione di un compenso sinallagmaticamente collegato alla prestazione stessa. Ciò perché, in particolare, il rapporto organico concerne soltanto i terzi, verso i quali gli atti giuridici compiuti dall’organo vengono direttamente imputati alla società […]; con la conseguenza che, sempre verso i terzi, assume rilevanza solo la persona giuridica rappresentata, non anche la persona fisica. Ma nulla esclude che nei rapporti interni sussistano rapporti obbligatori tra le due persone”, anche di lavoro subordinato. Pertanto, “resta comunque escluso che alla riconoscibilità di un rapporto di lavoro subordinato sia di ostacolo la mera qualità di rappresentante legale della società, come presidente di essa”.

Per ritenere legittimo il doppio ruolo è necessario che il rapporto di lavoro subordinato rispetti le caratteristiche dell’assoggettamento, nonostante la carica sociale, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione dell’ente.

Quello che l’INPS riconosce è che la carica di presidente non è incompatibile con lo status di lavoratore subordinato: anche il presidente di società, così come qualsiasi altro membro del CDA, può essere soggetto a “direttive, alle decisioni ed al controllo dell’organo collegiale” (cfr., tra le altre, Cass. n. 11978/2004, n. 1793/1996 e n. 18414/2013).

Il messaggio del 17 settembre 2019 elenca i parametri per la valutazione della compatibilità tra status di amministratore di società di capitali con lo svolgimento di attività di lavoro subordinato. Dovranno sussistere le seguenti condizioni:

  • che il potere deliberativo (come regolato dall’atto costitutivo e dallo statuto), diretto a formare la volontà dell’ente, sia affidato all’organo (collegiale) di amministrazione della società nel suo complesso e/o ad un altro organo sociale espressione della volontà imprenditoriale il quale esplichi un potere esterno;
  • che sia fornita la rigorosa prova della sussistenza del vincolo della subordinazione (anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale) e cioè dell’assoggettamento del lavoratore interessato, nonostante la carica sociale, all’effettivo potere di supremazia gerarchica (potere direttivo, organizzativo, disciplinare, di vigilanza e di controllo) di un altro soggetto ovvero degli altri componenti dell’organismo sociale a cui appartiene;
  • il soggetto svolga, in concreto, mansioni estranee al rapporto organico con la società; in particolare, deve trattarsi di attività che esulino e che pertanto non siano ricomprese nei poteri di gestione che discendono dalla carica ricoperta o dalle deleghe che gli siano state conferite.
INPS – messaggio numero 3359 del 17 settembre 2019
Compatibilità della titolarità di cariche sociali nell’ambito di società di capitali e lo svolgimento di attività di lavoro subordinato per la stessa società. Precisazioni

Incompatibilità tra ruolo di amministratore e dipendente della società se c’è pieno potere decisionale

Se l’amministratore unico della società è detentore del potere di esprimere da solo la volontà propria dell’ente sociale, come anche i poteri di controllo, di comando e di disciplina, è incompatibile il riconoscimento anche del ruolo di dipendente.

Per quel che riguarda il ruolo dell’amministratore delegato, sarà la portata della delega conferita dal CDA a fare da discrimine. La delega può essere generale e, come tale, implicare la gestione globale della società ovvero parziale, qualora vengano delegati limitati atti gestori.

In tal caso, il doppio ruolo di titolare di carica sociale e dipendente della società di capitale sarà:

  • illegittimo, qualora l’amministratore sia munito di delega generale con facoltà di agire senza il consenso del consiglio di amministrazione;
  • legittimo, nel caso di delega parziale limitata a specifiche fattispecie.

Per accertare la compatibilità tra i due ruoli, sono altresì:

“rilevanti i rapporti intercorrenti fra l’organo delegato e il consiglio di amministrazione, la pluralità ed il numero degli amministratori delegati e la facoltà di agire congiuntamente o disgiuntamente, oltre – naturalmente ­- alla sussistenza degli elementi caratterizzanti il vincolo di subordinazione.”

Non è possibile inoltre assumere il doppio ruolo di amministratore e dipendente per l’unico socio, in quanto la concentrazione della proprietà delle azioni nelle mani di una sola persona esclude la “soggezione del socio unico alle direttive di un organo societario.”

Stessa cosa nel caso in cui il socio sia il “titolare effettivo” dei poteri di gestione della società.

Compatibilità solo con lo svolgimento di attività diverse e vincolo di subordinazione

La verifica sulla compatibilità del doppio suolo di socio amministratore e dipendente dovrà andare a fondo ed accertare:

  • l’oggettivo svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti al rapporto organico;
  • che tali attività siano contraddistinte dai caratteri tipici della subordinazione (cfr., ex plurimis, Cass. civ. n. 1399/2000, n. 329/2002 e n. 12630/2008).

La prova del vincolo di subordinazione sarà obbligatoria. L’amministratore che è anche lavoratore subordinato della stessa società di capitali dovrà dimostrare l’assoggettamento, nonostante la carica sociale rivestita, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società.

Ai fini del controllo sul rapporto di lavoro dipendente, verranno valutati alcuni degli elementi distintivi della subordinazione:

  • la periodicità e la predeterminazione della retribuzione,
  • l’osservanza di un orario contrattuale di lavoro,
  • l’inquadramento all’interno di una specifica organizzazione aziendale,
  • l’assenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale,
  • l’assenza di rischio in capo al lavoratore,
  • la distinzione tra importi corrisposti a titolo di retribuzione da quelli derivanti da proventi societari.

Il tutto considerando i connotati diversi della subordinazione in relazione a natura, mansioni e condizioni di svolgimento delle stesse.

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